Quando mi trovo a lavorare sul progetto di un’idea davvero innovativa, una delle tematiche che sollevo subito è il è pericolo delle copie. E lì, spesso, iniziano le paranoie. C’è chi addirittura si spaventa e inizia a ripensarci, un po’ come a dire… se non lo faccio, almeno non mi copiano!
Follie a parte, le copie fanno parte del mondo del franchising, e non serve essere un Brand super-innovativo per essere vittima dei copiatori seriali.
E’ fisiologico.
Il mercato è pieno di furbetti che vedono la tua idea, ti chiedono le info del caso per prendere spunto e poi… che ci vorrà mai, se lo ha fatto lui, io lo faccio anche meglio. E così il mercato si riempie di piccoli cloni di second’ordine la cui funzione è solo quella di evidenziare quanto il tuo lavoro sia stato fatto con cura.
Quello che cerco infatti di spiegare ai Franchisor che seguo è che le copie non sono necessariamente un male e che c’è una bella differenza tra uno studio dei competitor (o delle aziende che davvero possono diventarlo) e le copie più banali.
Per creare un format, farlo diventare un Brand e da lì strutturare una rete ce ne vuole…
Servono esperienza, conoscenze, pazienza, impegno e risorse. Solo chi non ha mai sbattuto il muso nell’avviamento di un’impresa può essere così ingenuo da cadere nella trappola del “che ci vuole” e pensare di poter fare meglio con meno.
Viene da sé che un profilo simile non può rappresentare un vero pericolo per nessun’altra impresa, ed anzi… come dicevo, aiuta solo a risaltare le qualità dei format più strutturati.
Questo di contro non vuol dire che una buona e sana analisi di benchmark non sia sempre e comunque necessaria.
In un mondo in cui tutto è stato già inventato, è sempre possibile trovare dei riferimenti, delle aziende di spicco da cui poter imparare e prendere spunto.
Anche questo vuol dire copiare?
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